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Tufillo

Tra l’VIII-IX secolo a.C. e il II secolo d.C. sul Monte Farano esisteva un insediamento antropico i cui resti sono riemersi durante gli scavi archeologici; potrebbe trattarsi dell’antica “Agello” del popolo Frentano, nel quale era vivo il culto della dea Herentas (Afrodite). Tra i reperti è la nota “chiave” con una scritta in lingua osco-sannita: “Herettates: sum/ Agerlud” (Sono di Herentas/da Agello).

La dominanza sulla vallata del Trigno e la presenza di acqua sorgiva hanno determinato la continuità dell’insediamento umano sia in epoca romana sia in quella altomedievale. L’intera Valle del Trigno, con i capisaldi di Histonium (Vasto) e Terventum (Trivento), era disseminata di ville rustiche e borghi rurali in cui si praticavano l’agricoltura e la pastorizia. Con l’invasione longobarda questa parte di territorio venne annessa al Ducato di Benevento. Solo dopo la riconquista dei Franchi (anno 801) il territorio di Tufillo fu incluso nella Contea di Teate (Chieti), vicino al confine tra il Ducato di Benevento e quello di Spoleto che in gran parte era costituito dal corso del fiume Trigno. Fu per questa ragione che Monte Farano e soprattutto un suo crinale posto a quota più bassa, da cui si può tuttora scoprire gran parte del territorio molisano, diventò strategico per il controllo militare dell’area. L’antico insediamento italico-romano, ormai ridotto allo stato ruderale, fu abbandonato e la popolazione si spostò per costituire un nuovo insediamento in un luogo climaticamente più agevole; a tal proposito la leggenda narra che gli antichi edifici furono distrutti dalle formiche, che ridussero in polvere le malte delle murature. Il toponimo “Tufillo” a parere dei linguisti allude alla natura geofisica del luogo – da tufus-tò, zolla di terra (De Giovanni) – e identifica il luogo in cui, nel pieno XI secolo, si aggregò la popolazione a formare il primo nucleo urbano di Tufillo. Nel 1348 apparteneva alla Contea dei Camponeschi dell’Aquila. Osservando l’impianto urbano storico, si riconosce facilmente il tipo a “spina di pesce” ovvero a trama viaria con il suo asse principale (oggi il Corso) e “rue” ortogonali, così disposte per servire le abitazioni private, spesso consociate o legate in parentela. All’inizio e alla fine di tale impianto era norma porre le chiese e nella parte più esposta l’edificio castellato. Di queste forme urbanistiche ne abbiamo diverse in Abruzzo e spesso furono l’espressione del fenomeno dell’incastellamento diffusosi a cominciare dalla fine del X secolo fino al XII secolo.

Un’attestazione certa dell’esistenza della comunità risale al 1324-25 quando a pagare le decime erano i “Clerici de Tufillis” che si aggregavano attorno alla chiesa di S. Giusta, il cui portale gotico, di influenza pugliese e simile a quelli coevi di Vasto, porta la scritta (is)tus fecit magister Lucas d(i) Tufill(i) / (re) stauratum A. Dom. mdcclviii. A valle e in posizione extramoenia invece veniva fondata la chiesa di S. Vito, che gli storici dicono essere stata dipendente dal monastero di S.Vito e S. Salvo e poi rifondata nel 1269 dai Cistercensi. La via principale (oggi Corso Italia) è interrotta dalla “Porta di Mezzo” a ricordare un’antica porta di accesso al borgo o semplicemente uno sbarramento fortificato, strategico in caso di attacco o razzie, così come si può rilevare in altri borghi coevi (ad esempio Villamagna).

La chiesa di S. Giusta conserva il magnifico portale di pietra scolpita, del XIII secolo, inserito nella facciata riadattata nelle forme barocche settecentesche. Come per gran parte delle chiese abruzzesi, il riadattamento barocco si è sovrapposto a quello più antico, introducendo paraste, cornicioni e cantonali che arricchiscono la facciata, coronata da un cornicione curvilineo realizzato a tre file sporgenti di coppi (“romanelle”). L’area presbiteriale interna è rimasta nel palinsesto medievale con volta ogivale. Vi si conservano dipinti settecenteschi e un altare ligneo indorato di pregevole fattura locale datato 1759. A lato, si eleva il palazzo Bassano (oggi sede comunale) ricostruito nel XVIII secolo sul sito di un precedente edificio. La chiesa di S. Vito, ad aula unica, presenta una facciata a terminazione orizzontale nella configurazione del XVI secolo seppure una lapide ne attesti il restauro nel 1764.

Fuori dal borgo si trova l’importante Fontana Grande, il cui impianto sembra possa riferirsi al XV secolo, anche se è stata ricostruita più volte. Un mostra fotografica permanente dei reperti archeologici rinvenuti a Monte Farano è posta all’interno di Palazzo Bassano: sono illustrati la famosa “chiave” (trovata nel 1933) dedicata ad Herentas, dea simbolo delle bellezza femminile, e altri resti fittili e ceramici provenienti dall’insediamento italico. I reperti sono attualmente conservati e visibili nel Museo Archeologico del Vastese, nel castello di Monteodorisio.

Il territorio di Tufillo è caratterizzato dall’alternanza di superfici boscate e cespugliate tra cui spiccano i campi coltivati e gli oliveti. Filari di querce e siepi, poste a lato delle strade storiche, sono ciò che rimane del sistema dei campi “chiusi” e “aperti”, dove in passato pascolavano le greggi stanziali. I tre rilievi di Monte Farano, Colle Amarena e Monte Fanino, da 483 a 705 m s.l.m., divisi dal torrente Scorticane, sono lo scenario di un paesaggio collinare in cui il nucleo urbano di Tufillo si adagia a dominare l’ampia Valle del Trigno e le terre molisane fronteggianti.
(Vedasi Ernano Marcovecchio, Giovanni Artese, Tufillo, itinerari di visita e profilo storico, 2010).

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